Valgrande, natura e archeologia a Bibione

di Giovanni Manisi

La Val Grande è un’antica bassura formatasi durante la costruzione del delta del Tagliamento. La sua storia è interessante perché, pur trovandosi nelle vicinanze della laguna di Caorle, non ne condivide la storia. Nel Seicento, in corrispondenza di un decreto del Senato della Serenissima che stabiliva la distruzione delle valli da pesca presenti in Laguna di Venezia in quanto ostruivano lo scorrimento delle acque e la impaludavano, si rese necessario trovare altre aree per continuare l’itticoltura. Fu allora che il patrizio veneziano Antonio da Molin si decise ad inondare l’area per allevarvi cefali, branzini, orate e anguille e creando un ambiente che tuttora permette e preserva la vita di numerosi piante e animali tipici degli ecosistemi umidi. I vari proprietari che si sono succeduti, hanno agito con tecniche e interventi tradizionali che hanno mantenuto la fisionomia della valle pressoché intatta, tanto da costituire oggi un patrimonio di risorse culturali e naturali tra le più interessanti d’Europa. È infatti raro incontrare un sistema così integrato di elementi: uno specchio d’acqua articolato in laghetti funzionali alla pesca; un bosco di alta biodiversità vegetale e animale; dune fossili che racchiudono importanti testimonianze romane; un antico casone di valle dimora storica dei vallesani.

La Valgrande è un meraviglioso polmone verde in cui trovano dimora uccelli stanziali e migratori, tra cui fenicotteri, cavalli bradi e perfino le rare testuggini. Per questo è definita Zona di Protezione Speciale e Sito di Importanza Comunitaria.
 Oggi la Valle viene aperta ai visitatori per favorire la sua conoscenza e offrire la possibilità di ripercorrere la storia secolare e poco conosciuta di Bibione.

Ma la presenza dell’uomo viene gestita in modalità rigorosamente slow, con percorsi dedicati alle visite in passeggiata o a cavallo, alla mountain bike, al kayak, al nordic walking e al birdwatching. Particolare attenzione va anche alle persone con difficoltà motorie che possono esplorare le bellezze dell’oasi grazie all’utilizzo di golf car elettriche su sentieri tracciati.

La villa romana di Mutteron dei Frati 
Valgrande oggi è balzata alla ribalta per le scoperte archeologiche che hanno portato alla luce gli ambienti di una villa di epoca romana, contribuendo a riscrivere la storia di quest’area poco conosciuta. Le prime menzioni di scoperte archeologiche fortuite nel sito della Valgrande si hanno, in realtà, già nel Settecento. In seguito furono intrapresi diversi scavi diretti dall’allora Soprintendenza Archeologica del Veneto, senza mai riuscire a studiare sistematicamente l’intero complesso inserendolo nel suo antico contesto. Gli scavi nel sito della villa romana sono ripresi dal 2018 ad opera delle Università di Ratisbona e di Padova ed hanno portato alla luce nuovi ambienti pertinenti al primo impianto della villa, databile agli inizi del I secolo d.C. e un ampliamento di epoca tardoantica, insieme a nuovi reperti che testimoniano come la villa prosperasse grazie alle risorse del mare, in particolare la pesca e l’allevamento di pesci, come sembra indicare il ritrovamento di pesi di terracotta per le reti. La residenza romana sorgeva sul fianco meridionale di un’antica duna di sabbia conosciuta con il nome di Mutteron dei Frati, probabilmente risalente all’epoca preistorica. La parola mutteròn, in dialetto locale, significa infatti grande mucchio di terra o sabbia. Le imponenti strutture murarie, realizzate in pietra del Carso e di Aurisina, e il lussuoso arredo delle stanze, decorate da affreschi e mosaici, testimoniano inoltre le elevate possibilità economiche dei proprietari. 



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