di Giovanni Manisi
Tra le personalità nate e vissute nelle terre orientali del Veneto che meritano di essere ricordate, c’è sicuramente Romano Pascutto, poeta, partigiano e uomo politico. Nato a San Stino di Livenza nel 1909, Romano Pascutto era figlio di una famiglia povera di artigiani che, dopo la ritirata di Caporetto del 1917, si dovette trasferire a Firenze. Terminata la prima guerra mondiale la famiglia andò ad abitare a Pordenone dove Romano studiò in un istituto tecnico. Per le sue idee di sinistra e antifasciste venne presto individuato come sovversivo e quindi emigrò nel 1930 con il fratello Sante in Libia, dove rimase fino al 1942, impiegato in una società di navigazione. Al rientro aderì alla Resistenza e per questo venne arrestato e condannato, ma riuscì a fuggire di prigione. Finita la guerra lavorò a Venezia presso la società di navigazione Tirrenia, mantenendo fermo l’impegno politico e scrivendo molto, soprattutto poesie dialettali, ma anche racconti e romanzi e opere teatrali, tutte intrise di un profondo impegno sociale e umano. La vita aspra e dura delle persone umili, le loro molte sofferenze e le loro poche speranze erano i temi più cari a Pascutto. Fu consigliere, assessore e dal 1975 al 1980 sindaco del suo paese natale che a lui ha intitolato il cinema-teatro cittadino. L’opera omnia delle opere di Pascutto è edita dall’editore veneziano Marsilio Editori in tre volumi: “L’acqua, la Piera, la Tera”. Pascutto morì a Treviso nel 1982.