Di valli, casoni, pescatori, bragozzi e batee

di Giovanni Manisi

Anche quella dei pescatori di Caorle è una storia di uomini, di barche e di acque e di case di paglia, le cui vicende si intrecciano a molte delle storie che incontriamo nei nostri viaggi lungo il fiume Lemene. Iniziamo la nostra storia da una vicenda che riguarda da vicino le vicende della laguna di Caorle e dei suoi abitanti. Il diritto esclusivo di pesca e di proprietà sulle acque, nelle paludi e nei canali tra i fiumi Livenza e Tagliamento, venne riconosciuta alla Comunità di Caorle con un editto del 1439 dal Doge Francesco Foscari. Tutto bene, fino a quando tale diritto, dopo lunghe contese, venne messo in discussione da alcuni nobili veneziani, che ne ottennero la confisca dalla Serenissima che divise l’area in due lotti di nove e undici prese che vennero messe all’asta. La prima vendita avvenne solo nel 1717 quando la famiglia Cottoni ne acquistò sette, quelle poste tra il Livenza ed il Lemene. Se ne vendettero altre due nel 1742, mentre le restanti vennero acquistate dall’Abate Antonio Filippo Prampero nel 1782. Per protesta, gli abitanti di Caorle impedirono l’insediamento ad i nuovi proprietari, così la Serenissima concesse loro la proprietà della XVI presa ed il diritto di pesca in tredici canali.

Nel 1858 si costituì un Consorzio che riuniva i pescatori, a cui la Comunità di Caorle trasferì la proprietà della XVI presa. Nel 1874 il consorzio ne venderà una parte per acquistare Valle Vecchia, quella che molti conoscono come La Brussa. Ed è qui che il destino di Caorle e dei pescatori si intreccia con le vicende della bonifica. Caorle guarda l’esperienza della vicinissima Ca’ Corniani e – anche se il territorio delle Valli di Caorle è immune dalla malaria grazie alla salsedine delle sue acque – si fanno strada idee che inneggiano a migliori condizioni di vita, aumento della popolazione, case ampie e salubri.Tra le possibili opzioni di bonifiche agrarie e bonifiche in valli, passerà, per questioni economiche, l’adozione di una via che porterà alla trasformazione di aree lagunari in valli, ovvero aree arginate dedicate alla pesca. L’operazione prevedeva che il lavoro di bonifica venisse effettuato dall’Opera Nazionale Combattenti, anticipando i fondi che il Consorzio avrebbe dovuto restituire. Le opere furono consegnate nel 1934, ma il consorzio non fu in grado di ripagarle e così Valle Zignago e Valle Perera furono vendute, mentre Valle Vecchia passò all’ente Nazionale per le Tre Venezie.

Al Consorzio dei Pescatori rimase così solamente la proprietà dei diritti esclusivi di pesca nei fiumi e canali tra il Livenza ed il Tagliamento. Ed è così che la laguna di Caorle si restringe, costretta di fatto nel canale Nicesolo, un bacino in continuo restringimento.È questa l’area dove dalla barca scorgiamo i tetti di paglia e le piccole barche in legno ormeggiate accanto ai Casoni.

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