Un pomeriggio d’inverno e lo spettacolo del tramonto sulla laguna

Caposile, Venezia, inizio febbraio, le tre di pomeriggio. Conservo nelle tasche l’eco del freddo invernale mentre le mie impronte seguono il cammino che parte da Caposile per insinuarsi tra terra e acqua. Infilo il cappello di lana in testa, e con me, a tracolla la mia fedele compagna di viaggio, la mia fotocamera, pronta a catturare i sussurri della laguna di Venezia.

Giralagune: la Laguna di Venezia partendo da Caposile

Caposile è stato un crocevia di storie e commerci, oggi è una porta dorata per chi vuole assistere allo spettacolo della laguna a piedi o a pedali e dove la natura risponde con uno spettacolo che si rinnova ogni giorno, dalle sfumature imprevedibili. La ciclabile che si dipana lungo la laguna è la mia tela, le pedalate i tratti di pennello che disegnano l’avventura di un pomeriggio insolito.

Il percorso è una coreografia di scenari: il ritmico ondeggiare dei canneti, gli uccelli che volteggiano come su uno spartito d’acqua, il cielo che proietta il colore mutevole delle ore. Tutto intorno, un panorama che merita d’essere raccontato e che, con ogni scatto, tento di narrare. I riflessi che danzano sulla superficie lagunare sono gli stessi che cercano di sfuggire al mio obiettivo, ma con pazienza li catturo, ritratti di una luce che giocosa scivola sulle onde. Solo la fotografia, penso, può catturare queste sfumature di colore che passano dai grigi e gli azzurri al rosa di quarzo prima che il sole scompaia.

Giralagune: la Laguna di Venezia partendo da Caposile

L’aria si fa più fredda man mano che il sole comincia ad abbassarsi, e con esso s’abbassa anche la mia lente, a catturare gli ultimi riff di luce prima che il cielo si spenga. Un rapido sguardo alle immagini già raccolte: c’è vita tra quei pixel, storie d’acqua e di cielo, di terra fermamente attaccata alle sue radici acquose.

Giralagune: la Laguna di Venezia al Tramonto

Poi il finale, inaspettato quanto inevitabile: la nebbia. Si insinua silenziosa ma veloce e cala come un sipario naturale che avvolge il mondo in una quiete surreale. Mentre gli ultimi ciclisti e passeggiatori rientrano, io resto ancora un po’. Lo spettacolo richiede un pubblico, anche quando significa diventare parte della scena. La mia fotocamera lavora in fretta, la nebbia è una protagonista capricciosa e fuggevole.

È quasi buio, ho riposto la macchina fotografica ma il ponte di barche è immerso in un’atmosfera irreale e così se ne vanno anche gli ultimi scatti.

Caposile, il ponte di barche.

Rientro con il tesoro di questo pomeriggio unico, un misto di foto e sensazioni che trapela dalle dita gelate. Questa esperienza è un promemoria del potere evocativo dei luoghi e del tempo, un invito a guardare, davvero guardare, il mondo che ci circonda.

Scarico le immagini al computer. Le immagini di questo breve ma intenso pomeriggio ora raccontano un mondo sospeso, dove la ciclabile si dissolve e tutto diventa possibilità. La laguna e la terra, complice la bruma, si scambiano segreti e anche io, forse, sono stato ammesso a questo incontro.

Ve lo consiglio, che vi piaccia passeggiare, camminare veloce, pedalare, fotografare o godere la bellezza: concedetevi un pomeriggio lungo la ciclabile di Caposile. Portate una macchina fotografica, ma soprattutto aprite gli occhi per vedere e il cuore per sentire. E se la nebbia calerà, come ha fatto con me, non affrettate il passo verso casa. Fermatevi. Aspettate. Guardate. E poi, condividete quella meraviglia, perché alcune storie non possono restare celate, proprio come la laguna di Venezia non può restare nascosta dietro il suo sipario di nebbia.

Giovanni Manisi

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